C’è stato un tempo in cui nella Sampdoria giocava uno dei più forti difensori di sempre nella storia del calcio italiano. Si chiamava Pietro Vierchowod, ma la tifoseria blucerchiata lo aveva prontamente ribattezzato lo “zar”. Quel soprannome “imperiale” rifletteva naturalmente le origini russe dello stopper, ma allo stesso tempo indicava l’affetto genuino, la fiducia incondizionata e il sentimento quasi di deferenza che la nostra gente provava nei confronti del suo numero cinque.
Vederlo correre e ringhiare dietro ai centravanti aversari ci rendeva più sicuri di noi stessi, mai dubbiosi sulle nostre possibilità di farcela anche nel mezzo della battaglia più difficile. La strada era lunga ma Pietro Vierchowod era là, al centro della nostra difesa, così come al centro della nostra maglia campeggia lo scudo. La sua grinta e la sua voglia di vincere erano anche le nostre.
Indossò la maglia della Samp per dodici stagioni, facendo parte di quel gruppo inimitabile di campioni che con i nostri colori vinse tutto, o quasi. Dodici anni sono lunghi, nello sport rappresentano una vita, nel calcio di oggi un’era geologica. Nel corso del tempo molti giocatori di quella grande squadra hanno espresso a parole, ma soprattutto con i fatti, un amore intenso e sincero per i colori blucerchiati, dimostrando ognuno a proprio modo che i sentimenti e le sensazioni vissute attorno a un rettangolo verde non passano innocui e trasparenti come una manciata d’acqua tiepida sul viso.
E’ per questo motivo che oggi la tifoseria li considera legittimamente “bandiere” della Sampdoria. A differenza di essi, dopo la sua partenza da Genova, Pietro Vierchowod non ha mai manifestato particolare coinvolgimento o interesse per le sorti della Samp, e neanche il seppur minimo affetto per la tifoseria che lo sostenne con fedeltà e passione durante la sua lunga permanenza in blucerchiato. Anzi, solo due anni dopo averci lasciato, nonostante avesse appena vinto la Coppa dei Campioni con la Juventus cogliendo l’ultimo trofeo che gli mancava per coronare la sua luminosa carriera, non ebbe un attimo di esitazione ad esprimere la sua assoluta disponibilità ad un eventuale proposta d’ingaggio da parte del Genoa.
E pensare che solo pochi anni prima Paolo Mantovani, a testimonianza della sampdorianità di Vierchowod, aveva dichiarato che lo “zar” andava ad attaccare adesivi della Samp lungo via XX settembre. Probabilmente quella frase del nostro presidente era intrisa della sua proverbiale ironia, o forse era dettata dall’affetto e dalla stima che nutriva nei confronti di uno dei primi giovani campioni da lui portati a Genova, di certo i veri sentimenti di Pietro Vierchowod verso i colori blucerchiati sono emersi con chiarezza prima dell’incontro di domenica a Torino. In un intervista a “Il Sussidiario”, oltre ad aver dichiarato che avrebbe tifato per i bianconeri, il nostro ex ci ha tenuto a farci sapere che ha certamente passato un bel periodo alla Samp quando Mantovani “non badava a spese per vincere”, ma che del resto “non è rimasto nessuno a Genova delle persone a cui ero legato in quei tempi”. Stando alle affermazioni di Vierchowod, ci pare indiscutibile come l’unico motivo per il quale vestì a lungo la nostra maglia furono i soldi elargiti con generosità da Paolo Mantovani quando ancora non era proibitivo per una società come la Samp rivaleggiare con le grandi squadre metropolitane. Evidentemente Pietro Vierchowod non ha mai provato alcun senso d’appartenenza per i nostri colori, e ancor meno riconoscenza per la nostra gente, la quale a distanza di quasi vent’anni dalla sua partenza continua ad affollare i gradoni di Marassi e in molti casi è la stessa che cantava “vola lo zar” quando egli indossava la nostra maglia. Se per Vierchowod a Genova non è rimasto nessuno dei suoi tempi, significa che il pubblico della Sampdoria per lui ha sempre contato meno di zero. Del resto, ripensando al suo addio alla Samp, ritornano alla mente le sue sdegnose parole sulla “offerta offensiva” avanzatagli da Enrico Mantovani, mentre i tifosi blucerchiati lo salutavano dichiarandogli tutto il loro amore con cori e striscioni al termine di un Sampdoria – Inter.
Peccato che Pietro Vierchowod aveva già la testa altrove. Come tutti gli zar, anche lui era assetato di ricchezza, potere e ambizione. Il richiamo di Mammona Juventus era suadente e irrifiutabile, neanche lontanamente paragonabile a quello del pubblico che per dodici lunghi anni lo aveva applaudito e sostenuto. Oggi lo abbiamo compreso pienamente. Per lui, sovrano di tutte le Russie, vige ancora la “servitù della gleba”, e la gente comune continua ad essere senza voce.
Comunque sia, poco male. L’epoca degli zar è ormai lontana e quasi indistinguibile. La Storia gli ha assegnato una fine triste, caduca e ingloriosa. Circondati dei tuoi trofei, dei tuoi soldi e della tua solitudine, ultimo degli zar. Goditi finché puoi i tuoi successi passati, prima che il tempo li tramuti in rovinose e dimenticate macerie. Noi ci teniamo stretti la nostra maglia e la nostra bandiera. E soprattutto l’affetto di chi ricambia il nostro amore.

