Gli stadi aperti ma a che prezzo?

STADI APERTI MA A CHE PREZZO?  
(a voi i soldi a noi la repressione)

Il ritorno degli stadi aperti al pubblico, con capienza ridotta al 50%, restrizioni pesanti quali l’obbligo di mascherina, di distanziamento interpersonale e di stare seduti, è stato pomposamente salutato con toni entusiastici da parte di stampa, istituzioni calcistiche e non. Eppure in questo mese e mezzo sono emersi alcuni aspetti che vanno a tutti i costi evidenziati.

– REGOLE… MULTE E DASPO

“[…]L’accesso e la permanenza, a qualsiasi titolo, nell’area dello Stadio, in occasione degli incontri di calcio, sono espressamente soggette al rispetto del Regolamento e delle normative vigenti o emanate dalle Autorità Competenti, dalla FIFA, dalla UEFA, dalla Lega Calcio; l’acquisto di un titolo d’accesso ne comporta l’integrale accettazione.[…]”Ogni società e ogni stadio ha il proprio regolamento d’uso, tutti molto simili tra loro, quello che cambia però è il fatto che in molti stadi questo regolamento anche se presente non viene applicato. In particolare la norma che prevede che lo spettatore occupi esclusivamente il posto a lui assegnato, oppure che rimanga seduto (la norma dice proprio questo ) . In altre città come ad esempio Roma, Napoli e Terni le società e le questure hanno emesso multe e denunce per il mancato rispetto del regolamento d’uso. I tifosi denunciati sono “colpevoli” di non aver rispettato il posto indicato nel biglietto, di aver abbassato la mascherina, oppure di guardare la partita troppo vicino all’amico di sempre. Queste situazioni per ora sono isolate ma presto potrebbero essere applicate in tutti gli stadi d’Italia (del resto venivano applicate in alcuni stessi stadi anche prima del covid). È importante notare anche il fatto che “[…]L’eventuale condanna ovvero anche semplice denuncia per uno degli illeciti penali o amministrativi previsti dalla normativa sugli stadi comporterà, come ulteriore sanzione, la possibilità che il Questore emetta a carico del responsabile un divieto di accesso agli impianti sportivi (cd. daspo) da un minimo di uno ad un massimo di otto anni, nonché, per il Club, di applicare la revoca del gradimento ai sensi del Codice di Condotta.[…]” Pertanto, restando queste le norme che regolano la permanenza negli stadi, il rischio di passare da un’applicazione sporadica a una stretta repressiva dilagante non è assolutamente da escludere

– RITORNO DELLA TESSERA DEL TIFOSO

La parziale riapertura degli stadi ha riportato alla nostra attenzione uno strumento che forse pare uscire dai libri di storia: la tessera del tifoso. In realtà la tessera, introdotta di fatto dal ministro degli Interni con licenza di reprimere Maroni nel 2011

(https://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/speciali/Tessera_del_tifoso/index.html)

(https://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurezza_stadi/0683_2009_08_17_direttiva.html) ma nata sulla spinta repressiva seguita ai fatti del 2 febbraio 2007 a Catania con gli scontri e il decesso del poliziotto Raciti, sarebbe già dovuta essere in pensione. Fin dall’inizio aveva mostrato il suo lato oscuro, repressivo. Fin dall’inizio si era capito che era totalmente inutile, ma quando le leggi sono scritte, anche e soprattutto se sono sbagliate, cambiarle non è così facile. Ci fu nel 2014, a meno di tre anni dall’introduzione, un tentativo maldestro di “apertura”, ossia il superamento della tessera aprendo le trasferte: “In via sperimentale, nei limiti e con le modalità stabilite dalla normativa in materia, in caso di disponibilità di tagliandi residui rispetto a quanto previsto al capoverso che precede (obbligo di tessera del tifoso), gli stessi possono essere venduti anche a categorie diverse di tifoso” e istituendo il famoso e ridicolo “porta uno/due amici allo stadio” (https://www.figc.it/it/federazione/news/presentati-i-nove-punti-della-task-force-per-la-sicurezza-negli-stadi/).

Nel 2017 la svolta. Viene Firmato un protocollo d’intesa tra le varie parti in causa. (https://www.figc.it/it/federazione/news/protocollo-d-intesa-sulla-fruizione-degli-stadi-ecco-il-nuovo-modello-di-gestione/).

In tre anni la tessera avrebbe dovuto essere di fatto superata, nelle sue limitazioni, consentendo un accesso libero all’acquisto dei biglietti e trasformandosi in una semplice tessera fedeltà, svincolata da database di polizia ed altre amenità. Si passava dal “tutto vietato” al “tutto concesso” salvo limitazioni in casi eccezionali. Vediamo cosa è successo: fermandosi al periodo 1 agosto- 20 settembre (in modo da includere nel confronto anche questa stagione appena iniziata), nel 2017 le partite dove veniva imposta la tdt erano state 34. Poi, effettivamente, la discesa: nel 2018 nello stesso periodo erano state 14, nel 2019 9. Il 2020 non lo consideriamo in quanto come noto gli stadi erano chiusi; arrivando alla stagione attuale notiamo però un ritorno alla crescita. Sono infatti già 14 le partite per le quali viene richiesta la tessera del tifoso per l’acquisto di un biglietto di settore ospiti (https://osservatoriosport.interno.gov.it/category/osservatorio/determinazioni/). Ci domandiamo il perchè di questa crescita, ancor di più visto e considerato che oggi, 2021, come da protocollo d’intesa sopra riportato la tessera non dovrebbe nemmeno più esistere. La domanda diventa ancora più interessante se vediamo che ci sono società che impongono la tessera del tifoso per acquistare il settore ospiti, anche se non ci sono indicazioni in tal senso dell’Ossevatorio sulle manifestazioni sportive: è il caso della Juventus, proprio per la prossima partita contro la Sampdoria (https://www.sampdoria.it/ticket-office/serie-a-tim-2021-2022-juventus-sampdoria/). Ma anche della Sampdoria, stavolta addirittura per i propri tifosi: per acquistare i biglietti rimasti invenduti in prelazione di gradinata Sud per Sampdoria-Napoli di domani, vige l’obbligo al possesso della tessera del tifoso della Sampdoria (https://www.sampdoria.it/ticket-office/serie-a-tim-2021-2022-sampdoria-napoli/).

È probabile che queste indicazioni arrivino alle società da prefetture/questure, che le utilizzano per agevolarsi i compiti di ordine pubblico, ma di certo gli interrogativi sulla stretta repressiva che seguirà a questa pandemia, peraltro ancora in corso, ci girano nella mente eccome!

– CARO BIGLIETTI

L’ultimo aspetto riguarda il caro biglietti. Una piaga già ben nota, anche prima del covid. I biglietti in Italia costano troppo e con la ripresa dei campionati in presenza di pubblico, la cosa sembra destinata a peggiorare. Biglietti popolari a non meno di 20 euro in quasi tutti gli stadi. Inoltre, data l’impossibilità di sottoscrivere un abbonamento, un tifoso si trova in pratica a spendere quasi il doppio a partita rispetto al 2019/2020 (esempio il rateo di gradinata per la Sampdoria era 11 euro contro gli attuali 20 di prezzo a partita) . in trasferta peggio che mai: anche qui settori a minimo 20 euro con punte di 44€ (Juventus-Sampdoria) o addirittura 60€ (Udinese- Juventus). Qui la domanda è: ma i costi della pandemia e delle cattive gestioni delle societa di calcio le devono pagare i tifosi ?

Problematiche che certo non sono nate con il covid, così come il covid non ha creato le voragini nei bilanci delle società, disastrati per colpa di gestioni e giochetti contabili nemmeno troppo nascosti e spesso ben oltre la rilevanza penale: li ha solo portati alla luce. Al di là della retorica un punto fermo deve essere quello che la situazione emergenziale in cui ci stiamo tutti muovendo oggi non sia spunto per attuare vecchie e nuove forme di repressione. Anzi, se il calcio volesse (come sbandierato da più  parti) davvero ripartire dalla sua base popolare, deve imboccare una strada totalmente diversa da quella del passato ma anche da quella dell’ultimo mese e mezzo.